Non ci può essere il silenzio assenso per installare impianti di videosorveglianza capaci di controllare a distanza i lavoratori di un’azienda. Lo dice la nota dell’8 aprile 2019 con cui il Garante della privacy ha dato risposta a un quesito formulato dal Ministero del lavoro a sua volta interpellato dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. In sostanza il dubbio era: se l’Ispettorato nazionale del lavoro non risponde a una richiesta di autorizzazione amministrativa legata alla tvcc all’interno di un’azienda, si può agire come se fosse un tacito consenso?
La risposta dunque è negativa per il Garante: l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori prevede illecita e sanzionabile a livello penale l’installazione di impianti audiovisivi capaci di controllare i lavoratori a distanza qualora non siano state attivate le procedure di garanzia. L’autorizzazione ha un iter di 60 giorni: una volta concluso, non si può parlare di silenzio assenso.
Ai sensi dell’articolo 4 della legge 300/1970, gli impianti e le apparecchiature, “dai quali può derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l´uso di tali impianti”. Insomma, senza accordo sindacale solo l’Ispettorato può valutare se le telecamere si possono mettere o meno e deve esprimersi in maniera netta.
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